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A gennaio stipendi più bassi

A gennaio stipendi più bassi: il rischio è concreto perché il governo ha enormi difficoltà nel confermare l’attuale taglio del cuneo fiscale. Ma non solo: l’aumento del netto in busta paga potrebbe comportare l’incremento della tassazione, che azzererebbe gli effetti positivi. Senza dimenticare l’inflazione.

di Redazione

Agosto 2023

A gennaio stipendi più bassi? Il rischio è concreto: il governo ha serie difficoltà a confermare il taglio del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti fino a 35mila euro di reddito lordo. Il motivo: non ci sono fondi a disposizione. E servono tanti soldi. Forse troppi. (scopri le ultime notizie su lavoro, disoccupazione, offerte di lavoro e concorsi attivi. Ricevi le news gratis su WhatsApp, Telegram e Facebook).

Manovra economica, a gennaio stipendi più bassi

La prossima manovra economica sarà tra i 25 e i 30 miliardi. Una consistente di quel denaro servirà a finanziare il taglio del cuneo fiscale previsto dal governo nella legge di Bilancio del 2023. Lasciando quindi solo le briciole per altri provvedimenti molto attesi: la riforma delle pensioni, dell’assistenza e del Fisco.

Proprio per questo motivo l’esecutivo sta riflettendo sulla possibilità di ridurre lo sconto (quindi  diminuire il taglio del cuneo fiscale). La conseguenza immediata per i lavoratori sarà subito evidente: una diminuzione del netto in busta paga.

I soldi sono pochi

Come accennato i soldi a disposizione del governo sono pochi. Il taglio del cuneo fiscale scade a fine anno. Se la misura non venisse confermata, come oggi sembra possibile, 13,8 milioni di lavoratori perderanno 100 euro in più sul netto. Una misura che era stata pubblicizzata con orgoglio dall’attuale governo.

L’esecutivo aveva anche manifestato l’intenzione di rendere il taglio del cuneo fiscale strutturale e non temporaneo. Ma, come detto, i conti purtroppo dicono altro.

A gennaio comunque vada ci sarà comunque uno scalino: il lavoratore che oggi riceve netti in busta paga 92 euro in più, vedrà ridotto il beneficio a 66 euro. Un taglio di un terzo.

Come si muove il governo

L’esecutivo dichiara di aver intenzione di confermare il taglio del cuneo fiscale (in pratica un taglio dei contributi previdenziali, non un vero aumento di stipendio). Quello che il governo non dice è che tipo di taglio vuole finanziare.

Ci spieghiamo meglio: lo sconto previsto per i primi 6 mesi del 2023 o quello più consistente applicato a partire da giugno, ovvero quello dei famosi “100 euro”?

Considerando le esigue risorse economiche l’ipotesi più accreditata è quella di una via di mezzo: una sorta di media tra i due tagli.

In questo caso, appunto, sarà inevitabile una riduzione del netto in busta paga per gli stipendi dei dipendenti a partire da gennaio 2024.

Le possibili soluzioni

Da qui a dicembre l’esecutivo proverà a riempire il “buco” con la riduzione da quattro a tre delle aliquote IRPEF. Ma non sarà così semplice.

Su Thewam.net trovi un pezzo che spiega ci ci guadagna con i nuovi scaglioni Irpef.

Questi sono i conti: la conferma del taglio del cuneo costa 11,4 miliardi di euro più altri 315 milioni di trascinamento all’anno successivo. Al netto delle tasse (3,2 miliardi) il costo della misura è di 8,5 miliardi.

Ma questi numeri, come indicati dal vice ministro all’Economia, Maurizio Leo, che sta lavorando alla riforma fiscale, si riferiscono appunto alla media tra i due sconti fiscali applicati nel corso del 2023.

Per essere precisi:

E infatti, se il governo decidesse (così come aveva annunciato) il taglio di 6, 7 punti del cuneo fiscale la spesa sarebbe di 15 miliardi lordi (11 netti). Decisamente troppo.

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Il taglio medio del cuneo fiscale

Con un taglio medio, cosa accadrebbe alle buste paga dei contribuenti?

Ecco qualche esempio:

Aumento del prelievo Irpef

Il  taglio del cuneo fiscale ha come conseguenza un aumento del prelievo Irpef. A meno che il governo, appunto, non intervenga su aliquote e scaglioni.

Perché rischia di aumentare il prelievo Irpef? Perché quell’imposta si paga sul salario al netto dei contributi previdenziali.

Il discorso è semplice: se il governo riduce i contributi aumenta di conseguenza il reddito imponibile, quello su cui il lavoratore paga le tasse.

Ma non solo, è giusto ricordare che su quella somma si calcolano anche le addizionali regionali e comunali.

In totale sono 3,2 miliardi di euro, cifra che il governo sarà chiamato a compensare per evitare che il taglio del cuneo fiscale si trasformi da un beneficio a un aumento complessivo della tassazione sui cittadini.

Senza dimenticare l’inflazione

Ma per i lavoratori pesa anche un’altra incognita: l’effetto dell’inflazione sul valore degli stipendi. Una perdita del potere d’acquisto che diventa di anno in anno sempre più evidente (e insostenibile).

Proprio per questo motivo i sindacati hanno chiesto all’esecutivo due misure:

Ma anche queste misure hanno un costo.

Come funziona oggi il taglio del cuneo fiscale

Nella Legge di Bilancio 2023, il taglio del cuneo fiscale ha subito alcune modifiche. L’idea principale era di offrire sconti sulle trattenute in busta paga ai lavoratori dipendenti con redditi fino a 35.000 euro. Questo sgravio, valido fino al 30 giugno 2023, è stato ulteriormente potenziato dal Decreto lavoro e ha assunto due forme principali:

  1. Uno sgravio del 7% per i lavoratori con redditi sotto i 25.000 euro. Questo sgravio era del 3% fino al 30 giugno 2023.
  2. Uno sgravio del 6% per i lavoratori con redditi sotto i 35.000 euro. Questo sgravio era del 2% fino al 30 giugno 2023.

Questo sistema ha permesso a molte persone con redditi più bassi di vedere un incremento nelle loro buste paga.

Cos’è il cuneo fiscale?

Il cuneo fiscale rappresenta la differenza tra ciò che il datore di lavoro paga per un dipendente e ciò che il dipendente riceve effettivamente. Questa differenza è principalmente causata da tasse e contributi previdenziali. Ad esempio, in Italia, il cuneo fiscale ammonta al 45,9%, uno dei valori più alti tra i Paesi OCSE.

Taglio del cuneo fiscale, per chi?

Il taglio del cuneo fiscale ha requisiti specifici. Basandosi sulle informazioni dalla Circolare n° 7 del 24-01-2023 e dal Messaggio INPS n. 1932 del 24-05-2023, lo sgravio si applica a:

Tuttavia, coloro con redditi che superano i limiti stabiliti e i lavoratori domestici sono esclusi da questa agevolazione.

A quanto vale il taglio del cuneo fiscale dal primo luglio

Le percentuali di esonero IVS (invalidità, vecchiaia, superstiti) cambieranno dal 1° luglio 2023. Per il periodo dal 1° luglio al 31 dicembre 2023, le nuove percentuali saranno del 6% o 7% a seconda del reddito del lavoratore.

Esempi

In base ai limiti di salario mensile, viene applicato il taglio del cuneo fiscale. Se si superano certe soglie retributive, la riduzione cambia:

La riduzione cambia mese per mese, basandosi sulla retribuzione effettiva. Se il salario supera 2.692 euro, la riduzione potrebbe non essere applicata.

L’INPS ha chiarito:

A gennaio stipendi più bassi
Nella foto una lavoratrice osserva il suo portafogli vuoto.

FAQ (domande e risposte)

Perché a gennaio lo stipendio è più basso?

A gennaio, gli stipendi potrebbero essere più bassi poiché il governo sta avendo difficoltà a confermare il taglio del cuneo fiscale, che era stato introdotto per i lavoratori dipendenti con un reddito lordo fino a 35mila euro. Se questo taglio non viene confermato, i lavoratori vedrebbero diminuire l’importo netto della loro busta paga. Per il mese di gennaio, ad esempio, un lavoratore che precedentemente riceveva un beneficio netto di 92 euro vedrà ridotto il beneficio a 66 euro, una diminuzione di un terzo.

Cosa cambia da gennaio in busta paga?

Se il taglio del cuneo fiscale non viene confermato o viene ridotto, ci sarà una diminuzione del netto in busta paga. Questo significa che i lavoratori riceveranno meno soldi rispetto a quanto avevano ricevuto nei mesi precedenti. A gennaio, un lavoratore che aveva ricevuto un incremento netto di 92 euro vedrà il suo beneficio ridotto a 66 euro.

Perché il governo potrebbe non confermare il taglio del cuneo fiscale?

Il governo potrebbe non confermare il taglio del cuneo fiscale a causa della mancanza di fondi. Il testo suggerisce che ci sono notevoli costi associati a questa misura e il governo potrebbe non avere risorse economiche sufficienti per mantenerla. La prossima manovra economica varierà tra i 25 e i 30 miliardi, e la maggior parte di quei fondi potrebbe essere necessaria per finanziare il taglio del cuneo fiscale, lasciando pochi fondi per altre riforme e provvedimenti attesi.

Cos’è il cuneo fiscale?

Il cuneo fiscale rappresenta la somma delle imposte (sia dirette che indirette) e dei contributi previdenziali che gravano sul costo del lavoro. In sostanza, rappresenta la differenza tra lo stipendio lordo pagato dal datore di lavoro e la paga netta che riceve effettivamente il lavoratore. Questa differenza è influenzata da vari fattori, tra cui la pressione fiscale sul lavoro e il valore del mercato del lavoro.

Perché con il taglio del cuneo fiscale potrebbero aumentare le tasse?

Il taglio del cuneo fiscale può portare a un aumento del prelievo Irpef. Questo perché l’Irpef è calcolata sul salario al netto dei contributi previdenziali. Se il governo decide di ridurre i contributi previdenziali, il reddito imponibile (cioè la parte dello stipendio su cui il lavoratore paga le tasse) aumenterà di conseguenza. Inoltre, su questa somma aggiuntiva si calcolano anche le addizionali regionali e comunali. Se il governo non interviene correttamente su aliquote e scaglioni, il taglio del cuneo fiscale potrebbe in effetti trasformarsi in un aumento complessivo della tassazione per i cittadini.

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