In questo approfondimento parleremo di categorie protette e permessi per le visite mediche (scopri le ultime notizie su lavoro, disoccupazione, offerte di lavoro e concorsi attivi. Ricevi le news gratis su WhatsApp, Telegram e Facebook).
Indice
Categorie protette: chi sono?
Le categorie protette sono riconosciute e tutelate dalla legge numero 68 del 1999. Sono coloro che, per motivi diversi, vivono una condizione di svantaggio sociale, personale o sanitario e hanno bisogno dell’aiuto dello Stato per un’agevolazione in ambito lavorativo.
Appartengono alle categorie protette:
- le persone affette da minorazioni psichiche, fisiche e sensoriali o con handicap intellettivo, con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%;
- le persone invalide del lavoro con una percentuale di invalidità superiore al 33%;
- le persone non vedenti e sordomute;
- le persone invalide di guerra, invalide civili di guerra o per causa di servizio.
- gli orfani e i coniugi delle vittime del lavoro, di guerra o di servizio nelle pubbliche amministrazioni;
- i coniugi e i figli di soggetti riconosciuti come grandi invalidi di guerra, di servizio e del lavoro;
- gli orfani e i coniugi delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata (legge numero 407 del 1998);
- i profughi italiani rimpatriati con status riconosciuto ai sensi della legge numero 763 del 26 dicembre 1981.
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Categorie protette e permessi per le visite mediche
Ai lavoratori dipendenti e, di riflesso, alle categorie protette, è riconosciuta la possibilità di assentarsi dal lavoro per effettuare visite mediche o cure terapeutiche.
Il diritto spetta ai soggetti portatori di handicap, nei casi in cui è accertata la tossicodipendenza del dipendente o in altre determinate situazioni.
La normativa prevede, oltre ai permessi retribuiti e al congedo straordinario, anche permessi per visite mediche e motivi sanitari a carico dell’azienda o dell’INPS.
A disciplinare i limiti di durata e le modalità di richiesta dei permessi per visite mediche sono i contratti collettivi, aziendali o le prassi interne. Significa che, il dipendente che deve sottoporsi a visite mediche può usufruire di particolari permessi, che esulano dai giorni di malattia o di ferie.
Cosa c’è da sapere sui permessi per visite mediche?
A seconda di quanto previsto dal contratto collettivo, i permessi possono essere retribuiti, in questo caso, al dipendente spetta la stessa retribuzione, come se fosse a lavoro, oppure non retribuiti.
All’atto della richiesta dei permessi per visite mediche, al dipendente, solitamente, viene chiesto di presentare un’apposita documentazione giustificativa, come, ad esempio, l’attestazione rilasciata dal medico o dalla struttura sanitaria, che riporta la data e l’ora della visita.
Inoltre, al dipendente è chiesto di anticipare al datore di lavoro, all’azienda per cui lavora o alla pubblica amministrazione di riferimento, la sua assenza nel giorno e nell’orario indicato, in modo tale da non creare problemi all’organizzazione aziendale.
Tramite accordi, è possibile includere nelle ore di assenza anche le ore che coprono anche il tempo necessario per il percorso di andata e ritorno, dalla sede di lavoro al luogo della visita.
I permessi sono disciplinati da prassi aziendali, in modo tale da applicare una parità di trattamento, senza distinzioni tra operai e impiegati o di uffici o reparti.
Permessi lavorativi per lunghi periodi di assenza: cosa fare?
Quando il lavoratore è costretto ad assentarsi periodicamente e per lunghi periodi, per sottoporsi a terapie ambulatoriali di natura specialistica, che comportano un’incapacità al lavoro, ai periodi di assenza si applicano i criteri della “ricaduta della malattia”.
Il medico curante dovrà barrare l’apposita casella sul certificato di malattia e, di norma, tra un trattamento e l’altro non devono passare più di 30 giorni. Il lavoratore dovrà indicare i giorni in cui si sottoporrà alla terapia e fornire la dichiarazione della struttura sanitaria in cui verrà effettuata.
Questa procedura va effettuata soltanto quando le visite specialistiche hanno un intervallo temporale inferiore ai 30 giorni. In altri casi, il lavoratore è costretto a ricorrere ai permessi lavorativi.
Permessi per visite mediche in busta paga: come funziona?
Di norma, le ore o i giorni di permessi per visite mediche vanno indicati nel calendario presenze della busta paga e del Libro unico del lavoro (LUL), un documento che ogni azienda è tenuta a stampare entro la fine del mese successivo a quello di riferimento.
Nel LUL va indicato se i permessi sono retribuiti o non retribuiti e, nel caso, il loro valore economico. Lo stesso dato va indicato nel cedolino paga, che viene consegnato ai dipendenti al momento del pagamento dello stipendio.
Permessi per visite mediche per dipendenti pubblici: come funzionano?
Per quanto riguarda i dipendenti pubblici, questi, in caso di visite mediche o specialistiche, possono richiedere, a seconda delle circostanze e delle valutazioni del medico competente:
- permessi brevi soggetti a recupero;
- permessi per documentati motivi personali (3 giorni all’anno);
- l’assenza per malattia, giustificata tramite certificato medico, nei casi in cui ne ricorrano i presupposti;
- altri permessi per ciascuna specifica situazione previsti da contratti o leggi;
- giorni di ferie.
Dopo l’entrata in vigore del decreto legge numero 112 del 2008, l’assenza per effettuare visite specialistiche, cure o esami diagnostici (ricorrendone i presupposti) rientra nei casi di malattia.
L’unica variazione è la necessaria applicazione del nuovo regime sia per quanto riguarda la decurtazione retributiva sia per quanto concerne le modalità di certificazione (struttura pubblica o medico del SSN).
Rispetto alla disciplina precedente non è più consentito, al dipendente pubblico, assentarsi anche solo per una frazione della giornata lavorativa (la malattia a ore).
Per quanto riguarda la modalità di certificazione delle assenze, nel caso in cui l’assenza venga a coincidere con il terzo o successivo evento nell’arco dell’anno solare oppure nel caso in cui l’assenza per malattia si protragga oltre il decimo giorno, nel caso in cui il dipendente dovesse o avesse bisogno di sottoporsi a una visita specialistica presso struttura privata, oltre all’attestazione rilasciata dalla struttura sanitaria, dovrà presentare la relativa prescrizione effettuata da una struttura pubblica o del medico convenzionato con il Sistema Sanitario Nazionale.
In caso di visite specialistiche, cure o esami diagnostici segnalati come malattia, l’amministrazione pubblica dovrà valutare, in base alle situazioni, se prevedere la visita domiciliare di controllo per i giorni di riferimento.

Faq sulle categorie protette
Quali sono i tipi di contratto di lavoro per categorie protette
Il contratto di lavoro per le categorie protette è uguale alla stipula di un normale documento di inizio di un rapporto lavorativo tra un dipendente e un datore. In particolare, i contratti possono essere:
- di stage;
- a tempo determinato diretto della durata di 6 mesi;
- in somministrazione con durata minima di 12 mesi;
- di staff leasing;
- a tempo indeterminato;
- tramite cooperative sociali di tipo B.
Quali sono i vantaggi di assumere lavoratori delle categorie protette?
L’assunzione di lavoratori delle categorie protette può comportare diversi vantaggi per i datori di lavoro, tra cui incentivi fiscali, contributi economici e la possibilità di contribuire alla responsabilità sociale d’impresa.
Esistono infatti, oltre agli obblighi di assunzioni, leggi che introducono agevolazioni per le realtà private che assumono persone appartenenti a queste categorie. L’obiettivo degli incentivi è facilitare l’entrata nel mondo del lavoro delle persone iscritte a questi elenchi.
Quando scatta l’obbligo di assunzione delle categorie protette?
I datori di lavoro, le imprese e le pubbliche amministrazioni, salvo alcuni casi, sono obbligati ad assumere almeno:
- un lavoratore appartenente alle categorie protette, se l’azienda ha un numero di dipendenti compreso tra 15 e 35;
- due lavoratori appartenenti alle categorie protette, se l’azienda ha un numero di dipendenti compreso tra 36 e 50;
- il 7% di appartenenti alle categorie protette, se l’azienda ha più di 50 dipendenti.
È obbligatorio la propria disabilità nel curriculum?
Il curriculum di un lavoratore appartenente alle categorie protette ha la stessa struttura e va compilato come qualsiasi altro curriculum, indicando il titolo di studio conseguito, le esperienze lavorative pregresse e le competenze. Inoltre, non esiste una legge che obbliga una persona appartenente alle categorie protette, soprattutto se invalida, a indicarlo nel curriculum vitae. Però, se ci si sta per candidare a un annuncio di lavoro riservato alle categorie protette, con disabilità, allora diventa necessario indicarlo nel curriculum, con il relativo grado di invalidità.
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