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Le mamme al Sud non lavorano, perché?

Le mamme al Sud non lavorano: ecco perché il dato è tra i più bassi rispetto ad altri Paesi Ue e molto al di sotto della media nazionale. Mancano i servizi e anche il Pnrr potrebbe non risolvere il problema. Eppure la forza lavoro femminile ha la possibilità di arginare le conseguenze dell’invecchiamento della popolazione. Vediamo tutti i dati.

di Redazione

Giugno 2023

Le mamme al Sud non lavorano, o meglio sono solo il 35,3% rispetto al 64% del Centro Nord. (scopri le ultimissime notizie sul lavoro sempre aggiornate. Ricevi su WhatsApp e sul canale Telegram la rassegna stampa con le ultime novità sui concorsi e sul mondo del lavoro. Resta sempre aggiornato sulla nostra pagina Facebook e Prova il nostro tool online per la ricerca di lavoro in ogni parte d’Italia. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).

Cerchiamo di capire perché, quali sono le ragioni di un divario così evidente, soprattutto quando riguarda le mamme con figli in età prescolare. Dall’analisi fornita dai dati dello Svimez, l’associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno, la causa della mancata occupazione femminile nelle regioni meridionali non è dovuta solo a una generica mancanza di opportunità.

Prima di verificare tutti i motivi che frenano il lavoro femminile al Sud, vediamo qual è il tasso di occupazione a livello nazionale:

Già questa differenza, registrata su tutto il territorio della Penisola, ci consegna un quadro che evidenzia come i problemi maggiori riguardino le madri di figli piccoli. Un tema che il governo dovrà affrontare in modo diretto e veloce, anche perché è una delle motivazioni (non l’unica, certo) che sta contribuendo all’aumento della denatalità con il conseguente invecchiamento della popolazione (e tutti i gravi problemi strutturali e di natura economica che questo comporta).

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Le mamme al Sud non lavorano: servizi

Secondo l’analisi fornita dello Svimez le mamme del Sud sono penalizzate dalla carenza dei servizi. Un problema che produce due effetti:

I fattori che incidono sul basso numero di donne meridionali che lavorano sono questi:

È proprio in ragione di questa situazione che il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ha previsto la costruzione di 1.957 asili nido e 333 scuole materne entro il 2026. Tutto bene dunque, ancora qualche anno e il problema è risolto? Macchè. Sono tanti i comuni in difficoltà, avrebbero dovuto rispettare il termine del 31 maggio per l’assegnazione degli appalti. Non l’hanno fatto.

Eppure non deve essere così complicato terminare le procedure per la costruzione di una scuola materna. 

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Le mamme al Sud non lavorano: classifica regioni

Secondo i dati Svimez l’occupazione femminile cresce (ma di poco) in Italia, anche al Sud, ma le regioni meridionali restano comunque lontane da un dato che sia anche solo lontanamente in linea con quello di altri Paesi dell’Unione Europea.

Le ultime quattro posizioni sono occupate da queste regioni (e non è una sorpresa):

Entriamo nel dettaglio:

In Italia la provincia dove ci sono più donne occupate è quella di Bolzano, con il 69% (in forte aumento rispetto al 2021, quando il dato era al 63,7%).

Il dato complessivo del Sud e delle Isole (conteggiando quindi anche le donne senza figli) va poco oltre il 40%. Percentuali tra le peggiori del continente.

Le mamme al Sud non lavorano: denatalità

Eppure, soprattutto al Sud, un maggior numero di donne che lavorano potrebbe consentire al Paese di superare le difficoltà causate dalla denatalità e dall’invecchiamento della popolazione.

I numeri parlano chiaro. Le proiezioni demografiche proposte dall’Istat per il 2040 prevedono una diminuzione del 16% della popolazione compresa tra i 15 e i 64 anni (età da lavoro), così distribuita sul territorio nazionale:

Questo calo demografico causerebbe dunque una flessione della forza lavoro nel Meridione di circa un milione di persone (da 7 a 6 milioni).

Ebbene, se il tasso di partecipazione femminile del Mezzogiorno salisse fino a raggiungere i livelli della media italiana del 2022 nei prossimi 10 anni, la forza lavoro del Sud rimarrebbe più o meno sui livelli attuali (6,5 milioni) e questo nonostante un forte calo demografico.

Le mamme al Sud non lavorano: ma il Pnrr non funziona

Basterebbe dunque garantire al Sud più servizi per consentire a un numero maggiore di donne di poter lavorare e ridurre gli effetti negativi del calo demografico. Si sperava che i fondi del Pnrr avrebbero potuto contribuire a ridurre il divario. E invece – come rileva la stessa Svimez – i criteri ministeriali per il riparto dei fondi non hanno tenuto conto dell’eterogeneità interna delle singole regioni in termini di investimenti e fabbisogni.

I bandi hanno penalizzato proprio i territori dove la carenza dei servizi e delle strutture (tempo pieno, palestre e mense) è più accentuata. Una delle cause è da ricercare nella debolezza delle amministrazioni locali.

Il rischio? È l’aumento delle diseguaglianze anche all’interno dello stesso Mezzogiorno.

I divari più evidenti si segnalano nella disponibilità di mense scolastiche (decisive per il tempo pieno).

Meno del 25% degli alunni meridionali della scuola primaria frequenta scuole con una mensa. Contro il 60% del Centro-Nord.

Il dato del Sud per la scuola d’infanzia sale di poco (32%), ma resta lontanissimo da quello del Centro-Nord (59%).

Le situazioni peggiori si registrano in Sicilia e Campania, con percentuali che si fermano al 15% (basti pensare che in Emilia Romagna siamo al 66,8% e in Liguria si sfiora il 70%).

Ma non solo:  la spesa pubblica per la scuola è stata ridotta a livello nazionale in modo maggiore al Sud (20%) rispetto ad altre zone d’Italia (18%).

Per arginare questa situazione la Svimez propone due soluzioni:

Le mamme al Sud non lavorano, ecco perché
Nella foto una mamma in casa con il suo bambino – Le mamme al sud non lavorano

FAQ (domande e risposte)

Qual è la percentuale delle mamme che lavorano al Sud Italia rispetto al Centro Nord?

Il 35,3% delle mamme al Sud lavora, rispetto al 64% del Centro Nord.

Quali sono le cause principali della mancata occupazione femminile nelle regioni meridionali?

Non è dovuta solo a una mancanza generica di opportunità. Alcuni fattori includono la carenza di posti disponibili negli asili nido, costi elevati per accedere ai servizi, e la scarsa diffusione del tempo pieno nelle scuole d’infanzia.

Quale è il tasso di occupazione a livello nazionale per le mamme con figli in età prescolare e con figli tra i 6 e i 17 anni?

Le mamme con figli in età prescolare che lavorano sono il 53,6%, mentre le mamme con figli tra i 6 e i 17 anni che lavorano sono il 60,5%.

Quali misure ha preso il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) per affrontare questa situazione?

Il Pnrr ha previsto la costruzione di 1.957 asili nido e 333 scuole materne entro il 2026.

Quali sono le ultime quattro regioni in termini di occupazione femminile in Italia?

Le ultime quattro posizioni sono occupate da Sicilia, Campania, Calabria e Puglia.

Quale sarebbe l’effetto di un aumento del tasso di partecipazione femminile al lavoro nel Mezzogiorno sui livelli della forza lavoro?

Se il tasso di partecipazione femminile nel Mezzogiorno aumentasse fino a raggiungere i livelli della media italiana del 2022 nei prossimi 10 anni, la forza lavoro meridionale rimarrebbe più o meno sui livelli attuali.

Come funziona il riparto dei fondi del Pnrr e quali sono state le critiche?

I criteri per il riparto dei fondi non hanno tenuto conto dell’eterogeneità interna delle singole regioni in termini di investimenti e fabbisogni. Questo ha penalizzato i territori dove la carenza dei servizi e delle strutture è più accentuata.

Qual è la situazione delle mense scolastiche al Sud Italia rispetto al Centro-Nord?

Meno del 25% degli alunni meridionali della scuola primaria frequenta scuole con una mensa, contro il 60% del Centro-Nord.

Come si confronta la spesa pubblica per la scuola tra Sud e altre zone d’Italia?

La spesa pubblica per la scuola è stata ridotta a livello nazionale in modo maggiore al Sud (20%) rispetto ad altre zone d’Italia (18%).

Quali soluzioni propone la Svimez per arginare questa situazione?

La Svimez propone di superare l’approccio dell’assegnazione di risorse con bandi competitivi e una riprogrammazione delle risorse che consenta di completare, dopo il 2026, il percorso di riduzione dei divari territoriali nelle infrastrutture scolastiche.

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