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Opzione donna addio: diventa Ape sociale

Opzione donna addio: nel 2024 potrebbe scomparire ed essere assorbita nell’Ape sociale. Quali sono le ipotesi allo studio e cosa potrebbe cambiare per le lavoratrici che vogliono accedere a un anticipo pensionistico.

di Redazione

Agosto 2023

Opzione donna addio: il balletto intorno a questa misura per la pensione anticipata delle lavoratrici potrebbe concludersi il 31 dicembre del 2023, quando il trattamento andrà in scadenza. L’ipotesi più probabile? Sarà assorbita dall’Ape Sociale. In questo post vedremo come. (scopri le ultime notizie sulle pensioni e su Invalidità e Legge 104. Leggile gratis su WhatsApp, Telegram e Facebook).

Opzione donna, una storia tormentata

Opzione donna è stata introdotta quasi 20 anni fa con la riforma Maroni. Prevedeva per le lavoratrici la possibilità di anticipare l’uscita da lavoro a 57 anni. Ma solo a una condizione: accettare che l’importo del trattamento venisse calcolato solo con il sistema contributivo, che è penalizzante per il lavoratore rispetto al calcolo retributivo.

Nei primi anni la misura non ha avuto un grande successo, è stata infatti presa in considerazione da poche centinaia di donne. Il motivo è semplice: all’epoca le lavoratrici avrebbero avuto diritto solo al calcolo retributivo per determinare l’importo della pensione. E quindi la penalizzazione sarebbe stata molto consistente (quasi il 50%).

Tutto è cambiato con l’introduzione della Riforma Fornero, che ha elevato l’età pensionabile (prima a 65 e poi a 67 anni). La nuova età anagrafica e la riduzione inevitabile del numero di anni di contribuzione da calcolare con il sistema retributivo (quelli lavorati fino al 31 dicembre 1995), ha comportato un aumento considerevole delle adesioni.

La stagione di Opzione uomo

Del resto Opzione donna è sopravvissuta alla tagliola della Fornero proprio perché l’importo della pensione era effettuato con il sistema contributivo. Nell’autunno dello scorso anno Opzione donna appariva, secondo autorevoli esponenti del governo, come una soluzione ideale per garantire l’anticipo pensionistico, al punto che si era fatta strada l’ipotesi di una Opzione Uomo (stessa impostazione, ma con un limite anagrafico più alto)

E invece l’esecutivo, dopo aver ribadito che l’obiettivo era azzerare la Legge Fornero, aumentare la flessibilità e tutelare giovani e lavoratrici, ha quasi azzerato Opzione donna.

Opzione donna 2023, il taglio drastico

Perché il governo ha di fatto eliminato Opzione donna? Perché se fino al 2022 potevano accedere alla misura tutte le lavoratrici, dipendenti e autonome (rispettivamente a 58 e 59 anni), con 35 anni di contribuzione, sono stati imposti da gennaio 2023 altri requisiti che hanno ristretto la possibilità di utilizzare questa uscita anticipata a poche migliaia di donne.

Il requisito anagrafico è stato portato a 60 anni (59 con un figlio e 58 con due), ma l’accesso a Opzione donna 2023 è stato riservato solo a queste categorie di lavoratrici:

Il risultato? Poche migliaia di adesioni.

La scelta è stata motivata da una questione di risorse: la vecchia Opzione donna costava troppo. In realtà, in una prospettiva di medio e lungo termine, la misura avrebbe invece comportato un significativo risparmio economico.

Opzione donna 2024, il dibattito

Dopo che il governo si è reso conto del flop di Opzione donna 2023, si è tornato a discutere sul futuro di questo trattamento. In particolare sembrava probabile un ritorno alla vecchia formula (senza categorie) ma portando un po’ più avanti il limite anagrafico.

Una scelta che appariva in linea con le intenzioni del governo (più volte ribadita anche e non solo, dalla ministra Calderone), ovvero: la tutela di donne e giovani.

Ora anche quella ipotesi si avvia verso il tramonto (sempre una questione di costi?). Qualche settimana fa si era discussa la possibilità che Opzione donna venisse in qualche modo assimilata a un “trattamento di accompagnamento alla pensione”. Ora il passo conclusivo (forse): l’esecutivo sembra propenso a far confluire il trattamento destinato alle lavoratrici nell’Ape sociale. 

In che modo? Vediamo.

Opzione donna assorbita dall’Ape sociale

L’Ape sociale è un sussidio economico, introdotto nella legge di Bilancio del 2017, che accompagna i contribuenti fino al raggiungimento della pensione di vecchiaia. La misura (sperimentale da 7 anni) verrà certamente confermata anche per il 2024, in pratica è una delle poche misure che consentono a determinati lavoratori di accedere a una certa flessibilità in uscita.

L’Ape sociale funziona così:

Hanno diritto a questo trattamento:

L’importo del trattamento viene calcolato solo con il sistema contributivo e non può essere superiore a 1.500 euro (per 12 mensilità). Poi a 67 anni si riceve la pensione di vecchiaia piena (e quindi, per chi ne ha diritto, con il calcolo misto, contributivo/retributivo).

Ebbene, cosa accadrebbe a Opzione donna nel caso confluisse nell’Ape sociale?

Le ipotesi sono due. Vediamo.

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Opzione donna nell’Ape sociale: prima ipotesi

Nella prima ipotesi le lavoratrici potrebbero accedere all’Ape sociale con un requisito anagrafico ridotto (60 anni), con la stessa contribuzione richiesta (30 o 36 anni), ma solo se si rientra in determinate categorie. Ovvero le stesse che sono già previste per l’attuale Opzione donna, allargando il ventaglio anche a chi ha svolto dei lavori usuranti.

Seconda ipotesi

L’altra possibilità è quella di consentire l’accesso a questo trattamento che accompagna alla pensione a tutte le donne che hanno compiuto 60 anni e hanno una contribuzione di 30 o 35 anni (forse più 35, in segno di continuità con Opzione donna).

Quindi senza necessariamente far parte di una delle categorie citate nei paragrafi precedenti.

Entrambe le ipotesi comportano un risparmio per i conti della previdenza rispetto a Opzione donna.

Cosa valutare

C’è solo da valutare una condizione.

Gli attuali beneficiari dell’Ape sociale al compimento dell’età pensionabile ricevono la pensione piena, ovvero quella che si determina con il calcolo retributivo e contributivo.

Per le donne che avrebbero accesso con qualche anno di anticipo sarà utilizzato lo stesso criterio o al compimento dei 67 anni sarà valido, come per Opzione donna, solo l’importo determinato con il sistema contributivo?

Riteniamo più valida la prima prospettiva (il calcolo pieno), per tre motivi:

La discussione

Gli incontri per valutare le modifiche da apportare al sistema previdenziale riprenderanno nei primi giorni di settembre. È ormai scontata la riconferma quasi in toto della Legge Fornero e sarà dunque centrale il discorso sulla fine di Opzione donna.

La Lega intende riproporre una Quota 41 libera per tutti ma con pesanti penalizzazioni. In entrambi i casi bisognerà fare due conti.

Di certo chi si aspettava una rivoluzione del sistema previdenziale resterà deluso: resterà tutto com’è ora, o quasi.

Opzione donna addio: diventa Ape sociale
Nella foto una donna in pensione sulla spiaggia.

FAQ (domande e risposte)

Chi può andare in pensione con Opzione donna nel 2023?

Nel 2023, possono accedere a Opzione donna le lavoratrici che soddisfano i seguenti requisiti:

Come cambia Opzione donna nel 2024?

Il futuro di Opzione donna nel 2024 è ancora in discussione. Una possibilità è il ritorno alla vecchia formula senza limitazioni di categoria, ma con un incremento nell’età anagrafica. Tuttavia, la prospettiva più probabile è che Opzione donna venga assorbita dall’Ape sociale.

Cosa cambia per le lavoratrici se Opzione donna viene assorbita dall’Ape sociale?

Se Opzione donna confluisse nell’Ape sociale, ci sono due ipotesi principali:

È anche importante notare che una questione fondamentale da risolvere è se, al raggiungimento dei 67 anni, le donne riceveranno la pensione piena (calcolo misto retributivo/contributivo) o se sarà applicato solo il sistema contributivo come in Opzione donna.

Oggi quali sono i requisiti per Opzione donna e quelli per Ape sociale?

Opzione donna (2023): Età di 60 anni (59 con un figlio, 58 con due), con specifiche limitazioni categoriali come descritto nella risposta alla prima domanda.

Ape sociale: Età di 63 anni con una contribuzione di 30 o 36 anni, a seconda delle categorie. Possono accedere: i caregiver che assistono da almeno sei mesi un familiare con disabilità grave; gli invalidi civili con una riduzione della capacità di lavoro ≥74%; lavoratori che per almeno sei degli ultimi sette anni (o sette degli ultimi dieci) hanno svolto attività gravose. L’importo viene calcolato solo con il sistema contributivo e non può superare 1.500 euro al mese. A 67 anni, questi lavoratori ricevono la pensione di vecchiaia piena.

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