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Pensione con lavoro part time: esempi

Scopri come funziona il calcolo della pensione con lavoro part time e quanto incide sulla misura dell’assegno.

di Chiara Del Monaco

Giugno 2023

Svolgere un lavoro part time verticale o orizzontale può avere delle conseguenze negative sull’età di pensionamento e sull’assegno finale. In questo approfondimento vediamo quindi come funziona il calcolo della pensione con lavoro part time (scopri le ultimissime notizie sulle pensioni sempre aggiornate. Ricevi su WhatsApp e sul canale Telegram la rassegna stampa con le ultime novità sui concorsi e sul mondo del lavoro. Resta sempre aggiornato sulla nostra pagina Facebook e Prova il nostro tool online per la ricerca di lavoro in ogni parte d’Italia. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).

Il lavoro part time può incidere in modo consistente sia sul diritto alla pensione (ma dipende dai casi) sia, soprattutto, sull’importo spettante della pensione.

In effetti, visto che lavorando part time si matura un numero inferiore di contributi, è inevitabile ottenere una pensione più bassa rispetto a chi ha lavorato per gli stessi anni, ma a tempo pieno.

Per chiarire le idee dei nostri lettori, nei prossimi paragrafi spieghiamo come funziona il calcolo della pensione con lavoro part time e quanto incide sulla rendita finale.

Pensione con lavoro part time: perdo la pensione?

Il primo dubbio che viene in mente ai cittadini che svolgono un lavoro a tempo parziale (meglio noto come part time) è: perdo la pensione con lavoro part time?

La risposta è no, lavorare a un orario ridotto non significa perdere automaticamente il diritto all’assegno pensionistico. In particolare, nel settore privato i periodi lavorati a tempo parziale (che sia orizzontale, verticale o ciclico) valgono quanto quelli maturati da un lavoratore full time. Tuttavia, questo è vero solo a una condizione importante, e cioè se viene rispettato il minimale INPS per il lavoro dipendente i sensi dell’articolo 7 del Dl 463/1983.

Nel 2022 la retribuzione settimanale minima di un lavoratore dipendente corrisponde a 210,15 euro, mentre il trattamento minimo mensile di pensione equivale a 525,38 euro. Di conseguenza, il minimale INPS annuale è pari a 10.928 euro.

Quindi, se un lavoratore dipendente ha lavorato per 35 anni a tempo pieno e per altri 8 anni a tempo parziale, oltrepassando la soglia minima prevista dall’INPS, avrà un’anzianità contributiva di 43 anni.

Invece, se la retribuzione risulta inferiore a questa soglia, gli anni o i mesi lavorati in part time non equivalgono alla contribuzione intera, dando origine a un importo della pensione più basso.

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Pensione con lavoro part time: cosa cambia

Come abbiamo visto nel paragrafo precedente, dal punto di vista del diritto alla pensione con lavoro part time non ci sono differenze rispetto a chi lavora a tempo pieno. L’unica eccezione si verifica quando non viene raggiunto il minimale INPS per il lavoro dipendente.

E quindi, cosa cambierebbe rispetto a un lavoratore full time nella pratica?

Facciamo l’esempio di un lavoratore con contratto part time di 18 ore settimanali e con uno stipendio mensile di 450 euro, pari cioè a 5.400 euro all’anno. In questo modo, visto che la soglia minima prevista dall’INPS non viene raggiunta, il lavoratore non raggiungerà la quantità di contributi necessaria per andare in pensione, come a un dipendente equivalente full time. In un anno, infatti, raggiungerebbe solo 26 settimane contributive.

Di conseguenza, per ottenere i 20 anni di contributi necessari per la pensione di vecchiaia, dovrà lavorare circa 30-32 anni.

Scopri chi andrà in pensione nel 2024.

Questo discorso, però, non vale per i lavoratori del settore pubblico. Secondo l’articolo 8, comma 2, della legge n. 554 del 1988, ai fini dell’acquisizione del diritto alla pensione e del diritto all’indennità di fine servizio, gli anni di servizio a tempo parziale vengono calcolati sempre per intero.

Scopri come funziona la rivalutazione.

Pensione con lavoro part time: come funziona

Dopo che abbiamo visto cosa cambia dal punto di vista del diritto alla pensione con lavoro part time, passiamo alla nota più dolente: quanto incide il lavoro part time sull’importo dell’assegno pensionistico?

Come abbiamo già accennato, avere un contratto part time significa ricevere una retribuzione inferiore, e quindi avere diritto a un importo pensionistico più basso rispetto a un lavoratore a tempo pieno.

Ciò è dovuto all’introduzione nel 2011 del sistema contributivo, secondo il quale una retribuzione più bassa causa una diminuzione del valore dei contributi, che a loro volta determinano l’importo complessivo della pensione. In particolare, devono tenere a mente questo sistema soprattutto coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1995. Ma come funziona?

Dunque, per il calcolo della pensione secondo il sistema contributivo bisogna moltiplicare il montante contributivo (pari al 33% di ogni anno di retribuzione) per il coefficiente di trasformazione, ossia per gli anni di contributi. Di conseguenza, è chiaro che l’assegno percepito da un lavoratore part time avrà un valore più basso rispetto alla pensione di chi lavora a tempo pieno.

Per esempio, prendiamo un cittadino di 67 anni di età, che ha maturato 45 anni di contributi come lavoratore part time, con una retribuzione annua lorda di 12.000 euro: considerando il funzionamento della pensione con lavoro part time di qualche riga fa, il lavoratore percepirà un assegno di circa 10.000 euro lordi all’anno, ossia circa 765 euro lordi al mese, quindi meno di 600 euro netti.

Inoltre, bisogna anche considerare un altro elemento fondamentale: chi è entrato nel mondo del lavoro dopo il 1995 può accedere alla pensione di vecchiaia solo dopo aver maturato un assegno pari a 1,5 volte il valore dell’assegno sociale. Se pensiamo che nel 2022 il valore dell’assegno sociale corrisponde a 468,10 euro, l’importo della pensione deve raggiungere circa 702,15 euro al mese, un obiettivo non molto facile da raggiungere per chi ha svolto solo un lavoro part time.

L’unico modo per raggiungere questo requisito è allungare la propria carriera lavorativa, a meno che non si decide di riscattare i gli anni (o i mesi) persi con la prosecuzione volontaria dei contributi.

In sostanza, a causa del sistema contributivo i lavoratori part time risultano molto penalizzati. Ciò invece non accadeva con il calcolo secondo il sistema retributivo. Questo, infatti, non prevedeva alcuna decurtazione dell’assegno pensionistico per chi svolgeva un’occupazione a tempo parziale. La retribuzione pensionabile, infatti, era riconosciuta allo stesso modo dei dipendenti a tempo pieno.

A usufruire ancora oggi di questo calcolo sono per esempio i cittadini che lavorano nel settore pubblico, in cui per determinare l’importo della pensione si continua a utilizzare il valore della retribuzione teoricamente prevista per il rapporto di lavoro a tempo pieno.

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