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Pensioni tagliate: partono le cause

Pensioni tagliate: il governo ha deciso di replicare la decurtazione della rivalutazione per gli assegni superiori a 4 volte il minimo (poco più di 1.700 euro nette). Una decisione che ha già sollevato un coro di proteste e possibili ricorsi giudiziari. Il timore è una costante perdita di potere d’acquisto dopo aver versato 35, 40 anni di contributi.

di Redazione

Ottobre 2023

Pensioni tagliate, o meglio: con una rivalutazione ridotta rispetto all’inflazione. Il governo si appresta a replicare il taglio per gli assegni pensionistici che sono superiori a quattro volte il minimo INPS, ovvero 2.101,52 euro, poco più di 1.700 euro nette. Pensioni che perderanno ulteriormente potere d’acquisto. Le reazioni non mancano e si preannunciano cause legali. (scopri le ultime notizie sulle pensioni e su Invalidità e Legge 104. Leggile gratis su WhatsApp, Telegram e Facebook).

Pensioni tagliate e la Legge di Bilancio

L’elaborazione della prossima legge di Bilancio sta suscitando un accesso dibattito, in particolare per quanto riguarda le pensioni tagliate, ovvero quegli assegni pensionistici che anche per il 2024 non avranno diritto alla rivalutazione piena rispetto all’inflazione.

Decisioni del governo

Il governo ha preso in considerazione la possibilità di:

Statistiche chiave

L’intento del governo

L’obiettivo principale è dunque quello di limitare ulteriormente la rivalutazione delle pensioni per gli assegni che superano quattro volte il minimo Inps. Ciò significa, in termini pratici, qualsiasi importo superiore a 2.101,52 euro lorde.

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Le rivalutazioni del 2023

Nel 2023, ci sono state diverse decisioni cruciali riguardo alle pensioni.

Perequazione automatica

Le percentuali

Impatto sul potere d’acquisto

Il peso sul ceto medio

Il ceto medio sentirà il maggiore impatto economico, con un onere che aumenta anno dopo anno.

Il dettaglio sulla rivalutazione dello scorso anno

Il concetto di perequazione automatica

La perequazione automatica rappresenta dunque la rivalutazione dell’importo pensionistico, legata all’inflazione e volta a proteggere il potere d’acquisto dei pensionati. Nel 2023, come abbiamo visto, ci sono stati notevoli cambiamenti nella modalità di applicazione di questa rivalutazione.

La Legge di Bilancio 2023 e le pensioni

La Legge di Bilancio del 2023 ha introdotto queste modifiche:

  1. Pensioni pari o inferiori a 4 volte il trattamento minimo INPS (2.101,52 euro):
    • Rivalutazione al 100% (pieno 7,3%).
  2. Pensioni superiori a 4 volte il trattamento minimo ma inferiori o pari a 5 volte:
    • Adeguamento del 85% (6,21%).
  3. Pensioni superiori a 5 volte ma inferiori o pari a 6 volte il trattamento minimo:
    • Rivalutazione del 53% (3,87%).
  4. Pensioni oltre 6 volte ma inferiori a 8 volte il trattamento minimo:
    • Rivalutazione del 47% (3,43%).
  5. Pensioni oltre 8 volte ma inferiori a 10 volte il trattamento minimo:
    • Rivalutazione del 37% (2,70%).
  6. Pensioni superiori a 10 volte il trattamento minimo:
    • Rivalutazione del 32% (2,34%).

Da queste cifre emerge che, in generale, le pensioni più elevate hanno subito una rivalutazione ridotta rispetto a quelle più basse.

Cida: ora azione legale

La Cada (Confederazione Italiana dei Dirigenti e delle Alte Professionalità) ha preso una posizione molto ferma sul tema delle pensioni tagliate. Ecco i dettagli:

Uil: ricorso contro il taglio della rivalutazione

La Uil (Unione Italiana del Lavoro) non è rimasta indietro e ha avviato un analogo percorso legale. Questi sono i passi chiave:

Cosa aveva detto la Consulta

La Consulta, o Corte Costituzionale, ha un ruolo cruciale nella determinazione della legalità delle leggi e delle decisioni del governo. Ecco cosa ha detto in passato:

Pensioni tagliate: partono le cause
Nella foto una calcolatrice e dei soldi per verificare quanto si perde con il taglio dell’adeguamento all’inflazione.

FAQ (domande e risposte)

Come viene descritta la rivalutazione delle “Pensioni tagliate”?

La rivalutazione delle “Pensioni tagliate” si riferisce all’adeguamento dell’importo pensionistico legato all’inflazione. Il suo scopo è proteggere il potere d’acquisto dei pensionati. Tuttavia, nel contesto attuale, questa rivalutazione è ridotta rispetto all’inflazione. Ciò significa che le pensioni subiranno un decremento del loro valore reale.

Quali modifiche ha introdotto la legge di Bilancio 2023 sulle pensioni?

La legge di Bilancio 2023 ha introdotto nuove regole di rivalutazione:

Le pensioni non superiori a quattro volte il minimo INPS saranno rivalutate completamente rispetto all’inflazione.

Le pensioni di importo compreso tra 4 e 10 volte il minimo INPS subiranno una riduzione progressiva nella loro rivalutazione, con percentuali variabili tra l’85% e il 32% dell’inflazione.

Complessivamente, queste nuove fasce di rivalutazione sono più restrittive, soprattutto per coloro che ricevono assegni pensionistici più alti.

Di quanto perderanno potere d’acquisto le pensioni tra il 2023 e il 2024?

Le pensioni subiranno una perdita di potere d’acquisto tra il 7,5% e il 9% a causa delle nuove regole di rivalutazione. In termini monetari, ciò si traduce in un “prelievo” di 40 miliardi di euro dalle tasche dei pensionati solo nel 2023. Se la stessa politica viene applicata anche nel 2024, questa cifra aumenterà a 60 miliardi di euro.

Perché la Cida ha deciso di intraprendere un’azione legale?

La Cida ha deciso di intraprendere un’azione legale perché ritiene che i tagli continui alle pensioni abbiano avuto un impatto significativo sul potere d’acquisto dei pensionati. In 30 anni, i pensionati con un reddito superiore a 4 o 5 volte il minimo INPS hanno perso più di 1/4 del loro potere d’acquisto. La Cida intende contestare questi tagli come anticostituzionali e proteggere i diritti dei pensionati.

Qual è l’obiettivo del ricorso avviato dalla Uil?

L’obiettivo del ricorso avviato dalla Uil è ottenere una pronuncia dalla Corte Costituzionale a favore dei pensionati, sia del settore pubblico che privato. La Uil ritiene che le pensioni siano il risultato di anni di lavoro e contributi e che non debbano essere utilizzate come una fonte facile di fondi ogni volta che il governo ha bisogno di risorse.

Che posizione ha preso la Consulta sui tagli di Monti nel 2015?

Nel 2015, la Consulta ha esaminato i tagli alle pensioni introdotti dal governo Monti. La Corte ha dichiarato illegittimo il meccanismo di perequazione adottato, sostenendo che solo in casi di vera emergenza lo Stato può non adeguare le pensioni all’inflazione. Questo verdetto potrebbe influenzare le decisioni future relative alle “pensioni tagliate”.

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