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Riforma delle pensioni 2024: 60 anni

Riforma delle pensioni 2024: prende corpo l’ipotesi di una uscita anticipata a 60 o 61 anni con 35 di contribuzione. La misura dovrebbe riguardare i lavoratori impegnati in attività usuranti. Verso la conferma e l’ampliamento dell’Ape Sociale. Rinnovata e modificata anche Opzione donna che dovrebbe tornare a essere più accessibile.

di Redazione

Agosto 2023

Riforma delle pensioni 2024, torna a farsi strada l’ipotesi di Quota 96, in pensione a 61 anni con 35 di contribuzione. Ma c’è anche la possibilità di concedere un abbassamento ulteriore dell’età pensionabile, Quota 95: uscita a 60 anni con 35 di contributi. (scopri le ultime notizie sulle pensioni e su Invalidità e Legge 104. Leggile gratis su WhatsApp, Telegram e Facebook).

Riforma delle pensioni 2024: lavori usuranti

Questa possibilità riguarda in particolare coloro che hanno svolto mansioni usuranti. Non è stato ancora reso noto un elenco delle possibili attività che potrebbero consentire questo consistente anticipo pensionistico, ma dovrebbe far fede quello che è già stato stilato per l’Ape Sociale.

A proposito di Ape Sociale (che da misura sperimentale introdotta nel 2017 si avvia a diventare strutturale), il trattamento che accompagna la pensione verrà riconfermato, anche se nel caso venisse introdotta Quota 96.

Ape sociale

Anzi, l’Ape Sociale potrebbe essere ulteriormente estesa se non venisse approvata Quota 96 (si stanno effettuando i conteggi per verificare il costo del provvedimento).

Potrebbero cioè essere incluse anche altre categorie di lavoratori, rendendo questo trattamento la principale forma di flessibilità pensionistica della nostra previdenza.

Ricordiamo che l’Ape sociale prevede un’uscita a 63 anni con 30 o 36 anni di contribuzione (dipende dalle categorie). Ed è riservata a chi ha svolto lavori gravosi (la lista è già molto lunga); ai caregiver che assistono familiari con disabilità grave (legge 104, articolo 3, comma 3); a chi si trova in stato di disoccupazione; agli invalidi con una percentuale di invalidità pari o superiore al 74%.

Scopri con la situazione attuale chi andrà in pensione nel 2024.

L’indennità, che non può essere superiore a 1.500 euro, viene erogata per 12 mensilità fino ai 67 anni, quando il pensionato potrà ricevere l’importo pieno dell’assegno pensionistico.

Ricordiamo che l’Ape sociale (che va avanti di rinnovo in rinnovo) dovrebbe scadere il 31 dicembre del 2023. Ma, come detto, una conferma, forse definitiva della misura, è ormai certa.

Su Invaliditaediritti.it c’è un articolo che spiega come funziona l’Ape Sociale per invalidi.

La conferma

La conferma dell’Ape sociale anche nel 2024 è stata più volte sostenuta, infatti, dagli stessi esponenti del governo. Nei mesi scorsi la ministra Calderone ha anche fatto sapere che nel trattamento potrebbero essere incluse anche le categorie di molti altri lavoratori.

Scopri su Thewam.net come funzionerà l’Ape sociale estesa

«Non ho preclusioni  – ha dichiarato – all’interno del sistema contributivo a ragionare su una flessibilità allargata, più ampia di quella attuale. Tutto deve basarsi sulla necessità di dare risposte in termini di sostenibilità, non solo del sistema, anche di assegno pensionistico che si riceve». 

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Staffetta generazionale

L’Osservatorio ha la responsabilità di monitorare i sistemi di prepensionamento e ricambio generazionale per assicurare la sostenibilità delle forme di pensionamento anticipato, evitando che il costo ricada interamente sulla spesa pubblica.

Come ha affermato Calderone, l’obiettivo è creare un ciclo benefico tra lo Stato, i datori di lavoro e i lavoratori vicini alla pensione.

Gli specialisti stanno esaminando l’efficacia e la sostenibilità di ulteriori forme di staffetta generazionale, con un’attenzione particolare alle piccole e medie imprese, grazie al supporto della bilateralità. L’idea principale è favorire l’uscita dei lavoratori anziani in cambio dell’ingresso di giovani, che potrebbero essere affiancati da lavoratori più esperti durante i loro primi passi nel mondo del lavoro.

Pausa estiva

Dopo l’incontro senza risultati del 26 luglio tra l’Osservatorio sulla spesa previdenziale e le parti sociali, la riforma delle pensioni si prende una pausa estiva.

Cgil e Uil si chiedevano se Meloni avesse intenzione di mantenere le promesse fatte durante la campagna elettorale, in particolare il pensionamento con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età.

I sindacati non hanno escluso manifestazioni in autunno per sollecitare una riforma delle pensioni 2024 che non sia penalizzante o punitiva nei confronti dei lavoratori.

L’obiettivo dichiarato del governo, lo ricordiamo, è l’abolizione totale della legge Fornero, che rischia di tornare pienamente in vigore alla fine dell’anno, quando scadranno Quota 103, Opzione donna e Ape sociale.

Riforma delle pensioni 2024: i costi

Sono diverse le opzioni in campo, ma tutte su tutte pesa un problema: nel biennio 2023-2024, la spesa per le pensioni aumenterà “significativamente”, raggiungendo il 16,2% del PIL, rispetto al 15,6% del 2022. Questa previsione, secondo la Ragioneria generale dello Stato, tiene conto degli effetti dell’elevata indicizzazione delle prestazioni dovuta all’aumento dell’inflazione per gli anni 2022 e 2023.

Un livello superiore era stato raggiunto nel 2020 (16,9%) per la diminuzione del PIL causata dal Covid e, in minor misura, da Quota 100.

Tuttavia, l’abbassamento dei requisiti per il pensionamento anticipato indipendentemente dall’età anagrafica ha ulteriormente aggravato la situazione. Si prevede che il prossimo picco del 17% sarà raggiunto nel 2042.

Quota 103 estesa nel 2024

Per tentare di risolvere o almeno posticipare la questione, il governo intende prolungare Quota 103 per tutto il 2024 (pensionamento a 62 anni con 41 anni di contributi).

Non è esclusa nemmeno la possibilità di stabilizzarla. Tuttavia, secondo la Ragioneria, l’implementazione permanente di Quota 103 aumenterebbe la spesa rispetto al PIL di 8,4 punti percentuali rispetto alla legislazione attuale. In pratica: un extra di oltre 170 miliardi di euro in 50 anni. Sebbene il governo Meloni non ci sarà più, l’eredità di questa decisione sarebbe molto pesante.

Quota 41 modificata

Quota 103 dovrebbe dunque restare, a meno che non si trovino risorse per Quota 41, proposta dalla Lega (pensionamento con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età, ma con una pensione calcolata sul contributivo, che risulta più bassa del 20-30% rispetto alle altre pensioni).

Secondo la Ragioneria di Stato, Quota 41 comporterebbe un costo annuale di 5 miliardi di euro, con picchi di 9 miliardi. Sono cifre troppo elevate che potrebbero compromettere la stabilità del sistema pensionistico italiano.

Pertanto, la presunta disponibilità di Meloni a Quota 41 potrebbe comportare una penalizzazione per ridurre i costi. L’opzione più probabile, quella appunto che prevede un calcolo interamente contributivo, non piace ai sindacati.

L’alternativa per molti sarebbe continuare a lavorare 2 anni in più (fino a 63 anni) e andare in pensione con la legge Fornero, salvaguardando il bilancio statale.

La nuova Opzione donna

Sembra che la premier Meloni intenda promuovere una nuova Opzione donna, per ampliare il numero di beneficiari dopo i tagli dell’ultima legge di Bilancio, che ha limitato questa misura solo a determinate categorie di lavoratrici (invalidi, caregiver, dipendenti di aziende in crisi, ecc.).

Nel frattempo è stata introdotta una sanatoria per Opzione donna.

L’idea sarebbe introdurre un nuovo requisito di età a 60 anni, senza considerare il numero di figli e aprendo la possibilità di uscita a tutte le lavoratrici. Si pensa anche a una modifica del trattamento che la renda simile all’Ape sociale.

Garanzia per i giovani

Un altro argomento importante riguarda i giovani. Si discute la pensione di garanzia” per evitare che i giovani precari attuali abbiano pensioni insufficienti in futuro. Un rischio confermato dalla Corte dei conti nel Rapporto 2023.

Rischio di pensioni basse

Da un campione di 56 mila lavoratori del database dell’Inps, rappresentativo di una popolazione di quarantenni assicurati pari a 486 mila, si deduce che il 28% dei giovani ha un reddito lordo annuo inferiore a 20 mila euro.

Ciò influisce direttamente sull’ammontare contributivo accumulato finora. Il sistema retributivo, usato per le vecchie pensioni, prevedeva un’integrazione al minimo: per chi aveva un ammontare leggero, lo Stato integrava la pensione fino a un livello minimo. Nel sistema contributivo, l’integrazione non esiste più e il lavoratore riceve esattamente quanto ha maturato. Pertanto, chi ha avuto una carriera discontinua con periodi di precariato rischia di accumulare pensioni molto basse.

Riforma delle pensioni 2024: uscita 60 anni
Nella foto una coppia di pensionati.

FAQ (domande e risposte)

Come sarà la riforma delle pensioni nel 2024?

La riforma delle pensioni nel 2024 potrebbe vedere l’introduzione di Quota 96, con l’ipotesi di un’uscita a 61 anni con 35 anni di contribuzione. Tuttavia, è possibile che l’età pensionabile possa essere ulteriormente abbassata a 60 anni con 35 anni di contributi, soprattutto per coloro che hanno svolto mansioni usuranti.

Chi va in pensione nel 2024?

Nel 2024, potranno andare in pensione coloro che raggiungono l’età pensionabile secondo le nuove normative introdotte dalla riforma delle pensioni. Questi includono coloro che raggiungono Quota 96 o, se approvata, Quota 95.

Come sarà Opzione donna nel 2024?

Opzione donna sta subendo una revisione con la riforma delle pensioni nel 2024, anche se i dettagli specifici non sono ancora stati forniti.

Quando entrerà in vigore Quota 41?

Non sono stati ancora annunciati dettagli specifici sulla data di entrata in vigore di Quota 41. Tuttavia, è stato menzionato come parte delle considerazioni nella riforma delle pensioni del 2024.

Ci sarà ancora l’Ape sociale?

Sì, l’Ape sociale dovrebbe essere confermata e forse estesa nel 2024. Potrebbe essere la principale forma di flessibilità pensionistica della nostra previdenza, con un’uscita anticipata a 63 anni con 30 o 36 anni di contribuzione.

Sarà confermata Quota 103?

Quota 103 potrebbe essere estesa a tutto il 2024, e c’è anche la possibilità che diventi permanente. Tuttavia, dipende alla sostenibilità finanziaria: l’introduzione permanente di Quota 103 potrebbe aumentare la spesa in rapporto al PIL di 8,4 punti percentuali rispetto ai risultati della legislazione vigente.

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