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Rivalutazione delle pensioni, come funziona

Rivalutazione delle pensioni, come funziona il sistema che adegua i trattamenti all’inflazione. La cosiddetta perequazione che consente agli importi pensionistici di non perdere potere d’acquisto. Vediamo anche come e perché è cambiato negli ultimi dieci anni.

di Redazione

Aprile 2023

Come funziona la rivalutazione delle pensioni, l’aumento degli importi collegato all’inflazione?

Indice

Tecnicamente la rivalutazione si chiama “perequazione”. In pratica è quel meccanismo che adegua l’importo delle pensioni all’aumento del costo della vita, così come indicato dall’Istat.

Lo scopo della perequazione è ovvio: consente di proteggere il potere d’acquisto dei trattamenti previdenziali.

Negli ultimi anni le modalità di rivalutazione degli importi sono state più volte cambiate, molto spesso per l’esigenza di ridurre la spesa pubblica. La conseguenza è stata quella di generare un bel po’ di confusione tra i cittadini.

In questo articolo verifichiamo come funziona nel 2023. Il sistema, così come si desume anche dal Def (documento di economia e finanza) elaborato dal governo, dovrebbe essere confermato anche nel 2024.

Rivalutazione delle pensioni, chi riguarda

L’adeguamento alla svalutazione viene effettuato su tutti i trattamenti erogati dalla previdenza pubblica. Rientrano quindi:

E quindi sia le pensioni dirette (come la pensione di vecchiaia e la pensione anticipata), sia quelle indirette (come la pensione ai superstiti).

Rivalutazione delle pensioni, fino al 2011

Fino al 31 dicembre 2011, quindi prima dell’entrata in vigore della Legge Fornero, la perequazione era suddivisa in tre fasce:

Rivalutazione delle pensioni, dal 2012

Con il decreto legge numero 201 del 2011, l’indicizzazione dei trattamenti è stata bloccata nel biennio 2011/2013 per tutte le pensioni superiori a tre volte il trattamento minimo (all’epoca 1.405,11 euro lordi).

Questo provvedimento dopo la sentenza numero 70 del 2015, emessa dalla Corte Costituzionale, è stato poi rivisto e si è scelto di prevedere la rivalutazione parziale degli assegni fino a sei volte il trattamento minimo (il blocco ha quindi riguardato solo i trattamenti più alti).

Rivalutazione delle pensioni, dal 2014

Dal primo gennaio 2014, con la legge numero 147 del 2013, si è scelto di mettere da parte il criterio della progressività in favore di una rivalutazione unica che è stata applicata direttamente sull’importo complessivo della pensione.

Con questo sistema sono stati previsti indici di perequazione meno favorevoli per tutti i trattamenti superiori di tre volte il trattamento minimo.

Questo sistema è rimasto in vigore fino al 31 dicembre del 2021 (in un periodo a bassa inflazione che ha quindi ridotto gli effetti negativi per i pensionati titolari di un assegno superiore a tre volte il minimo).

Rivalutazione delle pensioni, dal 2022

Nel 2022 si ritorna all’antico con la rivalutazione a scaglioni. Al momento il sistema di perequazione in vigore è questo:

Per il 2022 è stata adottata anche una misura straordinaria a vantaggio delle pensioni che non superano il trattamento minimo, con una rivalutazione ulteriore dell’1,5 per cento (che arriva al 6,4 per cento per i pensionati da 75 anni in su) e del 2,7 per cento per il 2024.

Questi adeguamenti sono straordinari e quindi a termine, si interromperanno rispettivamente il 31 dicembre del 2023 e il 31 dicembre del 2024.

Rivalutazione delle pensioni, come funziona
Rivalutazione delle pensioni, come funziona

Rivalutazione delle pensioni, tasso di inflazione

Il tasso di inflazione viene definito dall’indice Istat sull’aumento del costo della vita. Il dato viene preso in autunno (tra ottobre e novembre), per consentire all’INPS di avere i tempi tecnici per l’adeguamento che dovrà scattare a partire dal primo gennaio dell’anno successivo.

Questo però comporta che la percentuale non è mai precisa e sono necessari degli adeguamenti in corso d’opera o rinviati all’anno dopo (con il rimborso a vantaggio dei pensionati).

E infatti: