Tfs agli statali, l’INPS: sostenibile pagarlo subito, se non accade è solo per ragioni politiche. (scopri le ultimissime notizie sul lavoro sempre aggiornate. Ricevi su WhatsApp e sul canale Telegram la rassegna stampa con le ultime novità sui concorsi e sul mondo del lavoro. Resta sempre aggiornato sulla nostra pagina Facebook e Prova il nostro tool online per la ricerca di lavoro in ogni parte d’Italia. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).
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Si tratta di una questione rilevante, oggi i dipendenti pubblici, a differenza di quelli privati, ricevono il trattamento di fine servizio (Tfr/Tfs) con un grande ritardo rispetto al termine del rapporto di lavoro, fino a 5 anni dopo.
La motivazione è sempre stata la stessa: evitare che la liquidazione pesi in modo eccessivo sui conti pubblici.
Ebbene, il presidente uscente dell’INPS, Pasquale Tridico, ha dichiarato che non ci sono giustificazioni economiche per questo ritardo, si tratta solo di una scelta di natura politica.
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Tfs agli statali, l’INPS: conti in ordine
Tridico, in una dichiarazione che oltre a far discutere è destinata a riproporre una questione antica per i dipendenti pubblici, ha affermato che i conti dell’INPS non sono mai stati così solidi.
Il dirigente ha dato anche dei numeri: l’ente ha un avanzo di esercizio di 7 miliardi e una situazione patrimoniale netta positiva di 23 miliardi.
Risorse che potrebbero consentire una modifica nelle modalità di pagamento del Tfs/Tfr, in particolare riducendo i tempi di attesa e versando l’intera somma in una sola soluzione (al momento il pagamento avviene in tranche annuali che non possono superare i 50.000 euro).
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Tfs agli statali, l’INPS: perché in ritardo
Come accennato il pagamento ritardato dei Tfs/Tfr per i dipendenti pubblici è stato introdotto diversi anni fa per ragioni di finanza pubblica.
Le regole prevedono questa tempistica:
- entro 105 giorni, quando la cessazione del servizio è causata dalla morte del lavoratore o dalla sua inabilità;
- tra i 12 e i 15 mesi, quando si raggiunge la pensione di vecchiaia o quando scade il contratto a tempo determinato;
- tra i 24 e i 27 mesi, per i lavoratori che si dimettono o vanno a usufruire di una pensione anticipata.
Questi termini sono validi solo per ricevere la prima parte del pagamento, se il Tfs ha un importo superiore a 50.000 euro.
Per fare un esempio: se un dipendente raggiunge la pensione di vecchiaia e ha diritto a ricevere come Tfs 110.000 euro, riceverà 50.000 euro un anno dopo la fine del rapporto di lavoro, altri 50.000 un anno dopo e dovrà aspettare un altro anno per gli ulteriori 10.000.
È anche vero che i dipendenti pubblici potrebbero chiedere il pagamento in una sola soluzione, ma dovranno accettare di versare gli interessi.
Perché la questione riguarda la finanza pubblica? Bastano due conti: il prossimo anno andranno in pensione 150.000 statali, con una media di buonuscita che si aggira sui 70.000 euro. In tutto si tratta di un esborso che supera i 10 miliardi.
Tfs agli statali, l’INPS: l’inflazione
C’è da dire che il problema dei pagamenti anticipati delle buonuscite dei dipendenti pubblici è stato aggravato in questi ultimi due anni dagli alti tassi di inflazione. Ricevere il pagamento con due o tre anni di ritardo e un’inflazione prossima alle due cifre, significa incassare una cifra notevolmente svalutata (lo scorso anno chi doveva ricevere 100.000 euro ne ha persi più di 9.000).
I lavoratori statali sarebbero costretti a pagare una sorta di contributo di solidarietà nel nome dell’equilibrio dei conti pubblici.
Tfs agli statali, l’INPS: si può fare subito
Ebbene, nonostante questi conti, il presidente uscente dell’INPS ritiene sia possibile pagare subito il Tfs agli statali. Un po’ per le ragioni a cui abbiamo accennato prima (i conti dell’INPS sono più che solidi), ma non solo. Tridico ha infatti aggiunto che «quei soldi sono già entrati nelle nostre casse, è solo un problema di anticipazione delle risorse».

Tfs agli statali, l’INPS: la sentenza
Dopo le dichiarazioni di Tridico, la parola passa ora al governo. Se è vero che l’INPS può versare subito la buonuscita non ci sarebbe alcun motivo per ritardarla, rateizzarla o chiedere al lavoratore il pagamento di interessi per averla tutta insieme.
In questi giorni dovrebbe arrivare una sentenza della Corte Costituzionale, e potrebbe essere determinante per le decisioni del governo.
I giudici della Consulta dovranno stabilire la Costituzionalità dell’attuale procedura in vigore (il pagamento ritardato).
È ovvio che se la Corte Costituzionale dovesse sancire che i dipendenti pubblici hanno diritto a ricevere il Tfs in tempi congrui, all’esecutivo non resterebbe che una sola scelta: adeguarsi alla sentenza e iniziare a versare subito i pagamenti delle buonuscite per tutti gli statali.
Ricordiamo che la questione Tfs è arrivata davanti ai giudici supremi dopo lunghi anni di battaglie sindacati.
Le dichiarazioni di Tridico potrebbero essere rilevanti per la decisione della Consulta. Il motivo? L’avvocatura dello Stato ha messo in evidenza l’esigenza dei pagamenti ritardati del Tfs per evitare che incidano in modo negativo sull’equilibrio dei conti pubblici.
Le parole del presidente uscente dell’INPS smentiscono questa tesi. E non arrivano da uno qualunque, ma dal dirigente che ha guidato negli ultimi anni l’istituto di previdenza. In teoria, la persona che meglio conosce le condizioni economiche dell’INPS.
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